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Riccardo Muci, un eroe del terzo millennio

Riccardo Muci: un eroe vero in  mezzo a una pletora di falsi miti. Un eroe del terzo millennio.

Essere eroi è una cosa seria, e come tale va considerata e trattata. Probabilmente si è persa anche la percezione, la dimensione, il significato vero della parola eroe.

Oggigiorno il termine eroe viene utilizzato a sproposito, con grande leggerezza. Abbiamo gli eroi del calcio, magari quelli che con i loro gesti di eroismo con il pallone guadagnano dieci o venti milioni l’anno. Abbiamo gli eroi del Web, quelli che stanno dalla mattina alla sera davanti al PC, le sparano grosse e, non si sa perché, diventano per questo degli eroi.

Abbiamo persone che lavorano duramente e, nonostante abbiano tutto il diritto a un grandissimo rispetto, non si capisce perché debbano essere chiamati eroi. Insomma, la parola “eroi”, diciamocelo, fa scena, attira; specialmente se la notizia ha bisogno di essere condita con un’aura di unicità, di esagerazione. Se in una qualsiasi notizia o situazione si inserisce la parola “eroe”, tutto assume un altro sapore, e l’evento più banale è degno di essere considerato per quello che, in effetti, non è.

Certo, non si pretende che nell’immaginario collettivo, ogni qualvolta si pronunci questa parola, la mente debba andare ai miti greci o ai personaggi di un’opera wagneriana, tuttavia un ridimensionamento di questa tendenza alla generalizzazione del termine, andrebbe operato. Lo possono fare i linguisti, lo può fare anche la gente comune, magari pensando che il termine eroe presupponga un’idea, un valore, una dimensione che è alla base di uno o più atti. L’abnegazione, ovviamente.

Quel disinteresse, quella pulsione che fa superare il pericolo, e che comunque considera il pericolo stesso minore rispetto alla nobiltà e all’importanza dell’azione che stiamo compiendo. In fondo l’eroismo è questo: pensare meno a se stessi e pensare di più agli altri in determinati frangenti. Nella sua forma più pura, è qualcosa di straordinariamente simile all’amore; la quale ultima pulsione, a ben pensarci, nella sua forma più elevata, consiste nel dare, nel sacrificare se necessario, una parte di se stessi anche sapendo che forse non si sarà ricambiati.

In fondo è proprio quello che è successo ieri a Riccardo Muci, giovane poliziotto di Copertino, in provincia di Lecce, il quale per salvare delle vite ha sfidato il fuoco. Ha messo a repentaglio la propria vita, la propria esistenza, durante il terribile incendio scoppiato sul raccordo autostradale di Bologna, in località Borgo Panigale. Immagini terribili, una deflagrazione di una violenza inaudita dopo l’incidente.

E, quindi, una condizione di pericolosità altissima. Le solite parole retoriche, a volte usate a sproposito, “con sommo sprezzo del pericolo e mettendo a repentaglio la propria vita”, qui hanno un senso, trovano una loro appropriata, esatta collocazione. Riccardo Muci, 31 anni, è fra i feriti gravi, è un ustionato importante, anche se non in pericolo di vita. Eppure lo si vede sorridere nel letto d’ospedale di fronte ai fotografi, e di fronte al Presidente del Consiglio Conte arrivato in Ospedale per confortarlo e portargli la solidarietà degli Italiani.

In quel girone dantesco di fuoco puro, Muci si è destreggiato con determinazione e capacità. È stato uno dei primi a intervenire presso quel viadotto semidistrutto che sovrasta la Via Emilia. L’agente della Polizia è rimasto ustionato in maniera seria alla schiena. La sua maglietta ignifuga si è addirittura liquefatta a causa dell’altissimo calore spigionato dalla catastrofe.

Ore le sue condizioni sono stabili, e l’agente è stato ricoverato nel reparto grandi ustionati dell’Ospedale Bufalini di Cesena. Prestare soccorso in quelle condizioni era difficilissimo. Riccardo Muci non si è tirato indietro e ci è riuscito nel migliore dei modi. Per questo motivo, molto semplicemente e senza ulteriore enfasi, merita l’appellativo di eroe. Avrebbe potuto tirarsi indietro e non l’ha fatto. Onore a quest’uomo e riconoscenza da parte del popolo italiano tutto.