Quando si è giovani e magari inesperti del mondo dello spettacolo e della musica, il palco sovente può trasformarsi in un covo di belve pronte a sbranarti per ottenere il proprio tornaconto, e lo sa bene il cantante Ultimo, almeno stando alle sue ultime dichiarazioni pubbliche.
Intervistato da Vanity Fair, l’artista ha parlato in primis dell’esperienza a Sanremo, esperienza che lo ha travolto e segnato soprattutto per le critiche che ne sono seguite, dato che, in diretta ed anche subito dopo, non ha saputo fingere indifferenza davanti al fatto che gli è stata clamorosamente strappata la vittoria che il pubblico aveva decretato.
“Chi più chi meno, siamo furbi, ci aggiustiamo a seconda di chi abbiamo di fronte; io no: reagisco di pancia, sbrocco”, ha esordito, per poi spiegare: “Mi hanno dato del coatto, fascista, omofobo, ma la verità è che non sono niente di tutto questo. Io di politica non ne so, e le generalizzazioni, come le strumentalizzazioni, mi amareggiano. Ho agito d’istinto, ed esprimersi d’istinto è pericoloso. Ma è il mio carattere: schietto, incontrollabile. Sto lavorando per migliorare. Ho pensato che chiedendo scusa sarei tornato a far parlare di me ma non della mia musica”.
Poi si passa a parlare di cose belle: il 4 luglio inizierà infatti il suo tour negli stadi che culminerà in una data allo Stadio Olimpico di Roma, la sua città.
E quando gli si chiede l’origine del suo certo non comune nome d’arte, spiega:
“Successe in un bar di San Basilio, la borgata romana da cui vengo. Con un gruppo di amici ci eravamo chiamati Les Misérables, dal romanzo di Victor Hugo. Al singolare suonava brutto, “miserabile”, così è venuto da sé Ultimo: che ce l’ha con tutti, ma non ce l’ha con nessuno, perché in fondo ce l’ha solo con sé stesso. Per essere nato con la predisposizione a sentirmi colpito, un bersaglio incompreso. Avere creduto a insegnanti che già alle elementari mi davano del nullafacente: ‘È bravo ma non si applica’ dicevano a mia madre, ‘suo figlio è marcio dentro, farebbe meglio a trovargli qualcosa’ ripetevano, e la tela bianca che ero, intanto, si disegnava così, con questa ambizione di riscatto che non mi passerà mai. Persino lo stadio non basterà”.
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